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Semplificando all’osso la materia (che è ben più complessa), si potrebbe ragionevolmente vedere l’evoluzione economica globale in funzione di tre sole grandezze fondamentali: l’immancabile tempo (t), il $ USA, il prezzo del petrolio.
L’unica variabile indipendente, ovviamente, è il tempo (t). Le altre due grandezze sono funzioni di una molteplicità di altre variabili, oltre il tempo (t) stesso.
Però, quotando il petrolio in $, come in effetti avviene, il modello matematico di riferimento si può ridurre ai minimi termini, cioè alla semplice funzione f seguente:
Prezzo del petrolio (espresso in $) = f (t).
La soglia attuale di 40 $/barile fu raggiunta, come picco massimo, per effetto di crisi petrolifere, diverse volte nel ventennio 1980 ÷ 2000, come evidenziato dal grafico seguente (tratto dal sito Enersolutions.ch, più precisamente dall’articolo “Evoluzione del prezzo del barile in un secolo”, che vale la pena di leggere nonostante sia datato 2004):
Il prezzo medio dei 20 $/barile si è stabilmente mantenuto per più di 10 anni, dalla metà degli ’80 alla metà dei ‘90
Il prezzo medio dei 30 $/barile si è mantenuto per alcuni anni, dal 2000 a tutto il 2003.
Quanto non rappresentato sul grafico, ossia il progressivo incremento della quotazione del barile dal 2004 in poi fino al picco massimo dell’estate 2008, a cui è seguita la repentina discesa al valore attuale, è storia recente e nota.
Vale solo la pena di ricordare che quest’ultima caduta del prezzo del petrolio (dai 147 $ del luglio 2008 ai 40 $ attuali), così come l’evoluzione del $ (recupero rispetto alle altre valute nello stesso arco di tempo), si sono verificate a dispetto delle più rigorose previsioni…
Considerando la svalutazione patita dal $ nel tempo, si può ragionevolmente ritenere che il prezzo attuale di 40 $/barile sia particolarmente basso. Con un po’ di impegno, si potrebbe anche essere più precisi, calcolando quanti $ del 1980 o di un qualsivoglia altro anno corrispondono a 40 $ di oggi, a parità di potere d’acquisto…
Come vi erano fior di analisti che giustificavano i 150 $ dell’estate scorsa pronosticando i 200 $ e oltre, oggi non mancano le opposte giustificazioni a questo basso livello. Eccone le principali:
1) la crisi economica senza precedenti e dalle prospettive inquietanti;
2) il ritmo di estrazione del greggio uniformato a passati livelli di consumi che potrebbero non più riproporsi per parecchio tempo…;
3) il grosso accumulo di greggio e, quindi, l’offerta del mercato superiore alla domanda, dirette conseguenze dei due punti precedenti: si legge in questi giorni di 80 milioni di barili contenuti nelle superpetroliere tenute in mare aperto giustappunto come stoccaggio, oltre ad una ulteriore notevole quantità nei depositi sulla terra ferma dei paesi produttori e consumatori…
A certi bassi livelli di quotazione può diventare problematica anche la creazione di utili d'impresa o, peggio, la copertura dei costi da parte di certi produttori. Si pensi alle estrazioni da giacimenti profondi o in mare aperto con impianti offshore… Si pensi alla norvegese StatoilHydro(*) che, con i giacimenti nella piattaforma continentale sottomarina potrebbe trovarsi in condizioni economicamente sfavorevoli rispetto alla concorrenza (nel loro caso, ha giocato a favore la recente svalutazione della corona rispetto al dollaro ed una molteplicità di impianti forse già ammortizzati). Laddove il petrolio si trova ancora a poche decine di metri sotto la sabbia (es. certi paesi arabi produttori), il problema non sarà altrettanto rilevante ma, in questi casi, c’è il rovescio della medaglia: l’instabilità politica e il persistente rischio di conflitti e attentati in quelle aree.
Certo che se, smaltite le riserve stoccate sulle superpetroliere, rimodulata l’offerta rispetto alla decrescente domanda e all’attuale bassa quotazione (anche a discapito di certi produttori), dovesse scatenarsi la tanto temuta iperinflazione con innesco negli USA e dal $ e diffusione globale, magari con aggiunta di tensioni nelle tradizionali aree di produzione o di transito del greggio, anche conseguenti alla stessa crisi economica, la risposta potrebbe essere univoca …
Il prezzo del greggio per consegna a termine, sensibilmente più alto del prezzo per pronta consegna, così come si legge, potrebbe essere un segnale…
Non volendo trascurare nemmeno i segnali solo apparentemente più deboli, già oggi certi sintomi in tal senso si avvertono abbastanza chiaramente anche in casa nostra. Eccone qualcuno:
> bollette elettriche aumentate anche del 30% e più in un anno, si disse, a causa dell’aumento del prezzo del greggio e che oggi stentano a rientrare o rientreranno, si sente dire, di un misero 3% da aprile prossimo;
> prezzi di benzina e gasolio alle pompe che non vengono diminuiti nella misura attesa a seguito della caduta del prezzo del petrolio;
> generi alimentari raddoppiati di prezzo al consumo nel giro di un anno, si disse, a causa dell’aumento del costo dell’energia e che oggi rimangono salati, si dice, per colpa di certi cartelli tra produttori…
Only time (t) is an independent (monotonically increasing) variable. The two others ones are functions of a large number of variables, including the time (t).
But, as crude oil is usually quoted in US $ per barrel, the reference mathematical model turns into the following basic function f:
Oil price ($) = f (t)
The current price is around 40 $ a barrel. This level was reached a number of times from 1980 to 2000, as maximum peaks due to oil crisis, as shown in the following chart (source: www.enersolutions.ch/index.php?option=com_content&task=view&id=226&Itemid=204 which is worth reading despite its release date on October 31th, 2004):
The 20 $/bl mean price was maintained for more than 10 years, from mid-eighties to mid-nineties.
The 30 $/bl mean price was maintained for a few years, from 2000 to all 2003.
The chart doesn’t show the trend from the end of 2004 on. But this is a recent and well-known story: the oil price has progressively increased to the maximum peak last summer 2008, with a subsequent sudden decreasing to the present value.
It’s worth remembering that this latest oil drop (from 147 $/bl in July 2008 to the current 40 $/bl), as well as the US$ recent evolution (recovery against other main currencies over the same period), occurred against the most “reliable” expectations...
If we consider the US$ depreciation over the years in terms of absolute purchasing power, we can reasonably say that the current oil price is rather low. Some further evaluations should be needed to estimate how many 1980’s $ (or any other year’s $) match the current 40 $ (purchasing power parity concept)...
As there were lots of analysts who justified 150 $ a barrel last summer, most of them ready to swear the price would have risen to 200 $ and more, now everybody knows very well the reasons why the price level is so low at present. Here are the main ones:
1) the unprecedented economic crisis and dark perspectives;
2) the crude oil production rate looks related to an out of date level of demand and consumption which shouldn’t come back for long time…;
3) the large crude oil storage and the market supply turn out to be much higher than the demand and consumption as a consequence of the two previous items: we read about 80 million barrels which are stored on the very large crude tankers sailing and waiting off shore… plus a further inshore storage by both producer and consumer countries…
At low price levels as the current one, business for profit or, if you like, profit-making can become difficult to manage. Even covering the production costs can become a problem. I am referring to the very deep oil fields or the offshore oil facilities… For instance, the Norwegian StatoilHydro Co. (*), due to its offshore oil fields along the Norwegian continental shield, could have a hard job to stand the global market competition (but the Company is taking advantage of the recent krone depreciation against the US$ and, perhaps, also of a large number of fully amortized offshore plants). For those countries where oil is still few metres below the sand (i.e. some Arab producers), the problem is not so important but, in these cases, there is the other side of the medal: the political instability and the persistent risk of conflicts and terrorist attacks in those areas.
The question is, as usual, obvious: will the barrel stand at this low level or will it move up to higher levels? The answer is not as easy as the question...
Future oil prices notably higher than current prices, as the news say, could be a first warning…
Furthermore, if we wanted to take into account other weaker signals, some symptoms can be clearly perceived also here in Italy. Here are some of them:
> energy invoices, which were increased of 30% or more in a year, they said, due to the oil price run-up, which now are hardly lowered, they say, of a “poor” 3% next April;
> gasoline and diesel-oil prices at the stations, which are not reduced to the expected values subsequent the crude oil drop;
> foodstuffs prices which doubled in a year, they said, due to the rapidly increasing cost of energy, which now stand high, they say, due to some cartel among producers…
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(*) Energy company, vertically integrated (drilling, oil and natural gas extraction and processing, distribution and marketing), the biggest offshore oil and gas company in the world and the tenth by revenue. The company operates mainly in Northern Europe but has extended its activities in many countries over four continents. The Norwegian State is the major shareholder of the company (62,5% of shares). The corresponding annual dividends paid to the State are the main income for the Sovereign Government Fund which I mentioned in a previous post.
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